Mentre l'Egitto affrontava le afose notti estive senza corrente, un piccolo villaggio annidato nel delta del Nilo restava illuminato.

A giugno, a causa del venir meno delle riserve in valuta estera e di gas naturale, l'Egitto ha introdotto una serie di misure per far fronte a un’estenuante ondata di calore estivo che ha messo a dura prova la rete elettrica nazionale.

Per circa due mesi, il governo ha disposto tre ore di interruzione giornaliera della corrente per le unità domestiche, ridotto l'illuminazione stradale notturna e imposto il coprifuoco alle 22 per negozi e spazi commerciali. Le misure erano parte di un più ampio programma di riduzione del carico elettrico per risparmiare sui costi, ridimensionato ad agosto, dopo l'arrivo di due carichi di gas naturale per contrastare l'emergenza. A settembre, il primo ministro Mostafa Madbouly ha poi annunciato che non ci saranno più tagli all'elettricità in Egitto e che il governo sta lavorando per assicurarsi il carburante e prevenire le interruzioni di corrente.

Eppure, mentre all'apice della crisi il Cairo faticava a rimanere illuminato, a quasi cento chilometri di distanza, un villaggio rurale, molto meno moderno della capitale, continuava a brillare, apparentemente non toccato da quello che nel corso dell'estate è stato forse il principale argomento di discussione delle famiglie egiziane.

La newsletter di questo mese, scritta dalla giornalista Fatma Badwy e realizzata in collaborazione con Egab, ci porta ad al-Basaisa, un villaggio nel delta del Nilo che ha investito nell'energia solare fin dai primi anni 80, anticipando una transizione che l'intero paese ha solo di recente iniziato a esplorare.

Nota di redazione del 28 settembre 2024: dato che nelle ultime settimane le interruzioni di corrente sono in gran parte cessate, abbiamo aggiornato l'introduzione di questa newsletter per riflettere la situazione attuale e i recenti sviluppi della crisi energetica egiziana.
Pannelli solari in cima a uno dei tetti del villaggio di al-Basaisa, Sharqia, Egitto (Fatma Badwy).

Percorrendo le strade strette e sterrate di al-Basaisa, nel governatorato di Sharqia, è quasi impossibile non notare che ogni abitazione è dotata di pannelli solari. A differenza della maggior parte delle case egiziane, qui condizionatori e ventilatori funzionano ininterrottamente. Di notte, pali alimentati a energia solare tengono acceso il villaggio.

Gli abitanti del posto affermano che al-Basaisa “sta guidando il resto del paese verso l'utilizzo dei pannelli solari per produrre energia pulita”. Secondo quanto riportato, il villaggio “non fa più affidamento sulle centrali elettriche a combustibile”.

Il villaggio di al-Basaisa sulla mappa.

Nel 2023, secondo il think tank indipendente Ember, solo il 5 per cento dell'elettricità egiziana proveniva da fonti di energia eolica e solare, ben al di sotto della media globale del 13 per cento. Ma il paese nordafricano ha comunque obiettivi ambiziosi. Ad aprile ha annunciato l'intenzione di aumentare la quota di energia da fonti rinnovabili e di arrivare al 42 per cento entro il 2035. 

E in effetti l’Egitto ha già attirato investimenti in questo senso. Nella provincia di Sohag, nell'Alto Egitto, si lavora al completamento dell’impianto solare Abydos, che avrà una capacità di 560 megawatt, previsto per il 2025. A Qena, un governatorato dell'Egitto meridionale, quello della norvegese Scatec dovrebbe contribuire con 1 gigawatt alla rete nazionale. Mentre, ad Assuan, nel sud del paese, il parco solare di Benban è già operativo, con una capacità di 1,5 gigawatt.

Ma ben prima che il governo egiziano rivolgesse la sua attenzione all'energia solare, il fisico Salah Arafa, originario di al-Basaisa, aveva intuito il potenziale di questa fonte di energia.

Di ritorno dalla Svezia nel 1978, Arafa riuscì a convincere gli abitanti del suo villaggio ad adottare l'energia solare. Il giovane scienziato si rese conto di come questa risorsa potesse ridurre i costi dell'elettricità per gli abitanti del luogo e minimizzare le emissioni.

“Ho deciso di lavorare a questo progetto per le nostre comunità rurali. Ho scelto al-Basaisa perché simboleggia le mie radici e [ho scelto] di utilizzare appieno quello che la natura ci offre in ogni modo possibile”, ha detto. “La nostra prima unità di energia solare era una semplice cella composta da un elettrone con carica negativa e uno ione con carica positiva che assorbiva l'energia solare e la convertiva in elettricità”.

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