L’ultimo mese è stato denso di avvenimenti, in qualche modo interconnessi e legati al cambiamento climatico: le ondate di calore e i nuovi record di temperatura a partire dal caso eclatante della Gran Bretagna; la tragedia della Marmolada; la siccità nel nord Italia; gli incendi diffusi in Europa e non solo. Questi eventi, quando presi tutti insieme, ci danno un’indicazione di cosa sta accadendo, ed essendo così ravvicinati tra loro, mettono in evidenza le difficoltà di molti paesi, Italia compresa, ad adattarsi a questo nuovo scenario. In questo numero di Lapilli, segnaliamo i contenuti su ambiente e Mediterraneo che ci hanno più colpiti nel mese appena trascorso, cercando di evidenziare possibili interconnessioni. Se non sai chi siamo, trovi qui il manifesto di Magma.
Il clima che ci attende. Dopo le anomalie di maggio e giugno, anche il mese di luglio è stato segnato da temperature ben al di sopra delle medie stagionali, superando record storici in diverse località. Nel Regno Unito si sono toccati i 40 gradi per la prima volta da quando si registrano le temperature, mandando il sud del paese in tilt e rivelando l’impreparazione a fenomeni climatici così estremi. Anche Amburgo ha superato per la prima volta i 40 gradi e Madrid ha registrato la giornata (40,7) e la notte (26,2 gradi) più calde secondo i dati storici. Un breve video della Bbc spiega dal punto di vista meteorologico come tutto ciò sia accaduto. Gli scienziati avevano già previsto che un giorno in Gran Bretagna si arrivasse a 40 gradi, ma non si aspettavano che sarebbe successo così presto. Secondo i calcoli del sito World weather attribution, se le emissioni di gas serra fossero ancora ai livelli pre-industriali, le temperature di metà luglio nel Regno Unito non avrebbero superato i 36 gradi Celsius.
N.B.: se soffri il caldo, mi duole dirlo ma l’aria condizionata non serve e non aiuta la situazione del pianeta.
Mare bollente. Anche le temperature del mar Mediterraneo continuano a registrare valori ben superiori alla media stagionale, in alcune zone già da giugno oltre i 5 gradi. Le ondate di calore marine intense e prolungate hanno un impatto devastante, anche se silenzioso, sull’ecosistema subacqueo. Radio3Scienza ha recentemente dedicato un episodio proprio a questo tema. Inoltre la relazione tra la frequenza e l'intensità delle ondate di calore con le morie di massa di organismi marini è stata oggetto di uno studio da poco pubblicato su Global Change Biology che ha analizzato quanto avvenuto tra il 2015 e il 2019 nel mar Mediterraneo.
Centinaia di migliaia di ettari in fiamme. Nel mese appena trascorso gli incendi non sono mancati. Per capire la vastità del problema basta guardare la mappa del Sistema europeo di informazione sugli incendi forestali (Effis) che raffigura tutti gli incendi attivi ed estinti di recente in Europa e non solo.
Come riportato in questo articolo de Linkiesta che analizza i dati dell’Effis, dal primo gennaio al 16 luglio 2022 sono scoppiati in Europa più di 1700 “grandi incendi”, ovvero sopra i 30 ettari, quattro volte la media del periodo 2006-2021. In questo stesso periodo la Ue ha perso un’area boschiva grande quanto la Valle D’Aosta (3263 chilometri quadrati); mentre il paese più colpito è la Romania, polmone verde del continente, con 149 mila ettari andati in fumo, un’area superiore al comune di Roma (1285 chilometri quadrati). In Grecia, a fine luglio le fiamme hanno avvolto vaste aree dell’isola di Lesbo e del sito Natura 2000 più grande del paese, il parco nazionale della foresta di Dadia - Lefkimi - Soufli. In Italia, invece, si sono visti grossi incendi al sud, in Versilia e sul Carso.
Come ricorda la Coldiretti in un comunicato, in Italia sei incendi su 10 hanno origine dolosa e l’abbandono delle campagne ne acuisce la difficoltà di gestione. Ogni rogo costa al contribuente circa 10 mila euro a ettaro tra spese di spegnimento e riqualificazione ambientale, che può durare anche 15 anni. In un paese in cui un terzo della superficie nazionale è ricoperta da boschi (11,4 milioni di ettari) “occorrono interventi strutturali per ricreare le condizioni economiche e sociali affinché si contrasti l’allontanamento dalle campagne e si sostengano quelle funzioni di vigilanza, manutenzione e gestione del territorio svolte dagli imprenditori agricoli”, afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. Se poi aggiungiamo l’aumento delle temperature e la mancanza d’acqua, la situazione risulta piuttosto allarmante.
In alcune aree del Mediterraneo occidentale, come la penisola iberica, questi fenomeni sono esacerbati da un’espansione dell’influsso dell’anticiclone delle Azzorre, dal quale dipendono le piogge invernali europee. Infatti, secondo quanto analizzato in un recente studio pubblicato su Nature Geoscience, dal 1850 in poi, ovvero dalla rivoluzione industriale, l’anticiclone ha generato inverni sempre più caldi e asciutti sull’Europa occidentale rispetto all’epoca pre-industriale, “con conseguenti condizioni di siccità anomala”, sottolineano gli autori nell’abstract.
Risaie a secco. Il nostro Marcello Rossi ha recentemente scritto un articolo per la sezione europea di Politico in cui racconta i danni economici che la siccità sta creando a molte coltivazioni lungo la valle del Po. Il segretario generale dell'Autorità di bacino del Po, Meuccio Berselli, ha spiegato che occorre ripensare la gestione delle acque del fiume in maniera più efficiente e sostenibile. “Ci eravamo abituati a una situazione in cui l’acqua è sempre stata disponibile per ogni proposito, ma quello a cui assistiamo in questi giorni ci dice che non è più il caso”, ha detto Berselli a Marcello Rossi. “Dobbiamo ripensare il nostro rapporto col fiume e smettere di vederlo solo come una vasta riserva da sfruttare”.
Sempre sul tema della siccità in Italia, l’università Cattolica di Piacenza ha realizzato un web reportage che esplora i vari aspetti del problema con video e podcast. Un altro bel racconto che accompagna chi lo ascolta lungo il corso di un Po come forse non lo si era mai visto è quello di Francesca Milano per Chora Media: L’Ultima Goccia - Viaggio lungo il Po.
E se la situazione in Italia risulta molto difficile soprattutto al nord, c’è una regione che sta dimostrando come una gestione più efficace delle risorse idriche possa fare la differenza anche in periodi di scarse precipitazioni: la Sardegna. Nonostante la mancanza di piogge, a oggi le riserve idriche dell’isola sono sufficienti per arrivare almeno fino alla fine del 2023 e ciò è dovuto principalmente a un numero elevato di bacini artificiali costruiti negli ultimi cento anni e a una loro efficace gestione centralizzata.
Anche la riscoperta di alcune antiche tecniche agricole come i terrazzamenti può, in determinati contesti, aumentare la capacità del terreno di trattenere acqua e, allo stesso tempo, ridurre il rischio di propagazione di incendi. Ne ha scritto la nostra Guia Baggi in un articolo pubblicato a inizio mese su Yes! Magazine.
Ripensare le città. Un articolo del New York Times di quattro anni fa mostra per ogni città del mondo l'andamento delle temperature dagli Anni 20 al 2017. I dati per Genova, dove sono nato, partono dal 1960. A quei tempi erano previsti in media solo due giorni l'anno con temperature pari o superiori ai 32 gradi; mentre nel 2017 i giorni previsti erano 9. E se da un lato le temperature aumentano, le città italiane sono sempre meno adatte a questo clima. In città, si sa, fa più caldo che in campagna. È il famoso “urban heat island effect”, l’effetto isola di calore urbano: quando un terreno naturale viene coperto da asfalto o da palazzi, e quindi viene impermeabilizzato, la sua capacità di disperdere calore si riduce drasticamente. A Milano, per esempio, secondo l’infografica del Nyt, nel 1960 si registravano in media 8 giorni l’anno con temperature di 32 gradi. Nel 2017 la media era di 22 giorni. Il Sole 24 Ore a luglio ha pubblicato un'immagine di Milano diffusa dall’Agenzia spaziale europea (Esa) in cui si mette in evidenza come, laddove manchino vegetazione e corsi d’acqua, la temperatura del suolo aumenta. Milano inoltre è tra le ultime città in Italia per superfici verdi: solo il 13,8 per cento del territorio comunale contro il 35,8 per cento di Roma o il 31,5 per cento di Napoli.
In Italia il fenomeno di impermeabilizzazione di un terreno naturale viene indicato come “consumo di suolo”. Nel nostro paese, nonostante una marcata decrescita della popolazione, continuiamo a ricoprire il terreno con cemento e asfalto. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale (Ispra), negli ultimi 10 anni abbiamo raggiunto un nuovo record: 19 ettari al giorno.
In altre parti del mondo invece si adotta un approccio diverso. Le città vengono ripensate come delle spugne, come organismi, in grado di adattarsi ai cambiamenti del clima, alluvioni e ondate di calore. A New York, da anni le amministrazioni locali incentivano a dipingere i tetti delle case di bianco per riflettere la luce del sole invece di assorbirla e ridurre così la temperatura degli edifici. Los Angeles sta sperimentando un simile approccio con le strade. In questa pagina, l’Agenzia per la protezione ambientale americana (Epa) ripercorre varie strategie per la riduzione dell’effetto isola di calore.
Ghiacciai che svaniscono. Il 3 luglio un enorme seracco (ovvero una parete di ghiaccio) si è staccato dal ghiacciaio della Marmolada travolgendo a più di 300 chilometri orari un gruppo di alpinisti. Quel giorno, nella zona del distacco, a più di 3 mila metri, si registravano 10 gradi, e la temperatura era già da settimane ben sopra la media. Secondo uno studio del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), tra il 2004 e il 2015 il volume del ghiacciaio della Marmolada si è ridotto di quasi il 30 per cento e potrebbe sparire del tutto tra 25/30 anni a cause del riscaldamento globale. Anche altri ghiacciai non se la cavano troppo bene. La Svizzera da più di cent'anni raccoglie dati approfonditi sui ghiacciai. Per omogeneizzare questi dati, un gruppo di ricercatori ha deciso di rivedere la mole incredibile di informazioni raccolta negli ultimi 140 anni. Il frutto del loro lavoro, che costituisce un’ottima base per altri studi, conferma che mentre non si assiste all’accumulo di neve sul lungo termine, i tassi di fusione negli ultimi tre decenni sono aumentati. Notizie non più confortanti riguardano i ghiacciai più a sud d’Europa, nei Pirenei. Il ghiacciaio dell’Aneto, per esempio, si è ridotto di un quarto tra il 2011 e il 2020.
Un mare di meduse. Se hai paura delle meduse, il lapillo visivo di questo mese forse non fa per te. Una delle conseguenze dell’innalzamento della temperatura del Mediterraneo è la moltiplicazione di questi organismi. Questi ctenofori prediligono le acque calde e sin dalla costruzione del canale di Suez molte specie provenienti dai mari tropicali hanno fatto del Mediterraneo una nuova casa. Come mostra questo video pubblicato da La Stampa, in Israele, in questo periodo, le meduse sono così tante da non poter fare il bagno. L’industria turistica ne risente. E questi organismi stanno addirittura intasando gli impianti di desalinizzazione lungo la costa.
GUGLIELMO MATTIOLI
Producer multimediale, ha contribuito a progetti innovativi usando realtà virtuale, fotogrammetria e live video per il New York Times. In una vita passata faceva l’architetto e molte delle storie che produce oggi riguardano l’ambiente costruito e il design. Ha collaborato con testate come The New York Times, The Guardian e National Geographic. Vive e lavora a New York da quasi 10 anni.Questo è quanto per questo mese. Grazie per aver letto fino a qui. Ci vediamo a settembre.
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