- di Guia Baggi
- Questo articolo è la versione tradotta e leggermente accorciata di un reportage uscito su Mongabay il 10 agosto 2022 e realizzato grazie a una piccola sovvenzione del Pulitzer Center.
- Nel 2022, in Tunisia, nonostante le esportazioni di granchio blu nuotatore abbiano superato le 8mila tonnellate, nel sud del paese sono state pescate 12mila tonnellate di granchi, contro le oltre 13mila del 2021. Quest'anno nei mesi di giugno e luglio le catture sono state poche, mentre ad agosto i numeri sono tornati in linea con l'anno precedente, secondo i dati raccolti dal Gruppo interprofessionale dei prodotti della pesca. Ma complessivamente è stata notata una riduzione. Al tempo stesso, sono aumentati i Callinectes sapidus (Nature Italy).
- In Italia, la popolazione di C. sapidus è esplosa, soprattutto nel delta del Po (Politico), nella laguna di Orbetello, ma anche nello stagnone di Marsala, non lontano da dove Guillaume Marchessaux, assistente professore all'Università di Palermo, monitora da tempo una popolazione di granchi nell'ambito del progetto di cooperazione transfrontaliera Bleu Adapt, ormai alle battute finali. Oltre a diverse nuove pubblicazioni scientifiche (sulla dispersione delle larve dei granchi blu nel Mediterraneo, l'impatto sulla pesca e la loro tolleranza termica), grazie al monitoraggio, i ricercatori dell'Università di Palermo ora sanno quando questi granchi fanno la muta, si riproducono e rilasciano le larve, fasi in cui è possibile intervenire al fine di controllarne la popolazione. Intanto, il Distretto della pesca di Mazara del Vallo ha iniziato a distribuire nasse selettive ai pescatori della zona intorno a Trapani.
- Questo approccio è in linea con la strategia individuata dal progetto Catchup Fish condotto a Lesina, in Puglia, tra il 2019 e il 2021, che indicava: la pesca delle femmine nei canali per ridurre la popolazione; l'utilizzo di attrezzi da pesca selettivi per non impattare sulle altre specie; la trasformazione e il recupero degli scarti del granchio per scopi alimentari, biomedici e chimici. Il passo successivo, secondo Lucrezia Cilenti, coordinatrice scientifica del progetto Catchup Fish, sarebbe l'individuazione di un carico massimo sostenibile della popolazione sugli ecosistemi locali per garantire stabilità economica alla filiera che si sta sviluppando intorno a questa nuova specie.
- A settembre Marchessaux ha poi svolto sul Portunus segnis in Tunisia gli stessi esperimenti fatti in precedenza sul granchio reale blu. Determinare la tolleranza termica di questi crostacei permette infatti di identificare le zone del Mediterraneo in cui potrebbero andare a diffondersi, così da mettere in campo sin da subito delle misure di prevenzione. I primi risultati hanno evidenziato il mare Adriatico, ad esempio, come un'area in cui il granchio nuotatore blu potrebbe trovare in futuro temperature a lui congeniali.
- Altri aggiornamenti sono riportati tra parentesi nel testo qua sotto, anche se alcuni dettagli, come i prezzi di mercato, potrebbero risultare obsoleti.
DJERBA, Tunisia, e PALERMO, Italia — Sul ponte della Ghanem, che in arabo significa "vincitore", otto casse pullulano di vita. Zampette e chele blu brulicano a ogni secchiata di acqua che Najib Trabelsi vi getta sopra. La maggior parte dei granchi mostra i carapaci maculati di colore marrone-verdastro; quelli capovolti spiccano invece in bianco e blu. È una mattina di metà maggio e Trabelsi, 57 anni, e il suo compagno di pesca, Fawzi Borji, 53 anni, stanno pescando granchi al largo dell'isola di Djerba, nel sud della Tunisia, dalle 4:30. Prima di tornare al porto di Ajim, i due pescatori calano una corda con tre o quattro nasse.
Quando la Ghanem raggiunge il molo, un mediatore pesa il pescato: 80 chilogrammi. Una giornata nella media per Borji e Trabelsi. Divideranno ciò che resta di 160 dinari tunisini (circa 47 euro) dopo aver coperto i costi del carburante e delle sardine usate come esca. Una volta riempito il furgone, l'intermediario si dirigerà verso la città di Sfax, per rifornire gli stabilimenti che lavorano i prodotti ittici.
"Prima del granchio blu, in genere usavamo le reti per catturare altri tipi di pesce", racconta Borji. "Ma dato che i granchi rovinano e tagliano le reti, siamo costretti a pescare il granchio blu".
Il Portunus segnis, o granchio nuotatore blu, ha fatto la sua prima apparizione ufficiale nella città di Ghannouch, 113 chilometri a nord di Djerba, nel 2014. Quattro anni dopo, era presente in tutti i golfi del paese. Originario dell'oceano Indiano occidentale, ha raggiunto per la prima volta l'Egitto nel 1898, 29 anni dopo l'apertura del canale di Suez. Pur essendosi diffuso in almeno 10 paesi del Mediterraneo, ha trovato un habitat ideale nelle acque poco profonde del golfo di Gabes in Tunisia. Lungo questa costa di 257 km, che si estende a nord di Djerba, passando per Ghannouch e Sfax, il granchio nuotatore blu è diventato in breve tempo un'importante attività di pesca.
Dal punto di vista commerciale, è tra le più interessanti delle oltre 500 specie che sono entrate nel Mediterraneo dopo la rimozione dell'istmo che lo separava dal mar Rosso, e di conseguenza dall'oceano Indiano, avvenuta con la costruzione del canale di Suez. Ma non è l'unico granchio blu arrivato da lontano ad aver invaso il Mediterraneo. Una specie di colore simile, appartenente alla stessa famiglia, i Portunidae, ma originaria delle coste atlantiche delle Americhe, si è insediata in quasi tutti i paesi del bacino. A differenza del granchio nuotatore blu, che vive in acque salate, il granchio reale blu, o Callinectes sapidus, preferisce lagune salmastre ed estuari. In Tunisia, Egitto, Turchia e altri paesi entrambe le specie coesistono e gli scienziati si chiedono quale sarà il futuro per loro e per la biodiversità del Mediterraneo. Entrambi i granchi sono predatori aggressivi e voraci e si cibano di altri crostacei, molluschi e pesci. Quando scavano o si spostano, disturbano i sedimenti e gli habitat dei fondali. Il riscaldamento delle acque del mare, dovuto principalmente ai cambiamenti climatici indotti dall'uomo, suggerisce che il granchio nuotatore blu potrebbe espandere ulteriormente il suo areale. Ma le incertezze sono molte, e gli sforzi di pesca sono una di queste. I paesi del Mediterraneo stanno cercando di trovare il giusto equilibrio tra la protezione degli ecosistemi autoctoni e i profitti derivanti da questa nuova specie, ma la linea sembra sottile.
In ogni caso, "la cosa positiva è che possiamo mangiarli", dice Guillaume Marchessaux, ricercatore post-doc (ndr, ora assistente professore) all'Università di Palermo.
Marchessaux sta lavorando a un progetto di cooperazione transfrontaliera tra Italia e Tunisia, denominato Bleu Adapt e sostenuto dall'Unione europea, per scambiare prospettive e buone pratiche riguardo a questi due granchi invasivi. In Italia e in altri paesi europei, le attività di pesca sono ancora frammentate e limitate ad aree come il delta dell'Ebro in Spagna o il mar Egeo nel nord-est della Grecia, dove il granchio blu ha causato problemi ai pescatori. L'obiettivo principale di queste iniziative è quello di ridurre il numero di granchi, sostenendo al contempo i pescatori nella valorizzazione di queste catture accessorie. Con lo stesso spirito la Tunisia ha creato rapidamente una pesca del granchio blu in risposta alla fase iniziale dell'invasione, che è stata rapida e aggressiva. Il settore ha attirato notevoli interessi commerciali e ora il paese sta valutando se e come preservare quella che è diventata una risorsa preziosa. Allo stesso tempo, alcuni progetti di ricerca stanno cercando di capire meglio l'impatto ecologico di queste nuove specie sugli ecosistemi mediterranei, un aspetto ancora poco conosciuto.
Accogliere l'invasore
A Djerba, alcuni pescatori dicono di aver avvistato il granchio nuotatore blu già prima del 2014. "Lo chiamavamo Daesh", l'acronimo arabo del gruppo terroristico noto anche come Isis, dice Nabil ben Mimoun, pescatore e tesoriere dell'associazione locale di pescatori nella città di Guellala a Djerba. "Lo chiamiamo ancora Daesh perché divora tutto, letteralmente!".
È una giornata uggiosa. Radhia Jouili e suo marito, Belgacem Chadi, fanno ritorno ad Ajim dopo cinque ore in mare (ndr, i due sono raffigurati nell'immagine in alto). Hanno pescato circa otto chili tra sogliole e seppie. Mentre Chadi conduce la barca di circa sei metri verso la riva, Jouili è impegnata a staccare i granchi blu dalle reti e a schiacciarli. "Avremo gettato in acqua almeno 50 chili di granchi", dice Chadi.
Quando si impiglia nelle reti, il granchio perde ogni valore. Ci vuole troppo tempo per rimuoverlo e nel processo alcune parti vengono inevitabilmente danneggiate. Allo stesso tempo, i pescatori artigianali fanno fatica a pescare altro. Con le loro chele, i crostacei rovinano non solo le reti da pesca, ma anche il pescato. Tagliano il pesce a pezzi, rendendolo invendibile. "In passato, sostituivamo le reti ogni due anni", racconta Jouili. Ora, "dobbiamo cambiarle ogni quattro mesi".
L'esasperazione dei pescatori e il danno economico sono i motivi principali che hanno spinto il Gruppo interprofessionale dei prodotti della pesca (Gipp), un'organizzazione di settore sotto la supervisione del Ministero dell'agricoltura e delle risorse idriche, a intervenire a sostegno dei pescatori del golfo di Gabes. Con l'aiuto di due imprenditori originari della Turchia e della Corea del sud, i pescatori, i gestori della pesca e le altre parti interessate, hanno imparato a valorizzare questa nuova presenza. Per il suo impegno su questo fronte, Fethi Naloufi, rappresentante locale del Gipp a Medenine, il governatorato che comprende Djerba, si è guadagnato il soprannome di "Mr. granchio blu". Nel giugno 2016, il Gipp ha consegnato 1.300 gabbie ai pescatori locali, dice Naloufi, e ha aperto dei siti di raccolta, dove potevano ottenere 2 dinari, o 59 centesimi di euro, per ogni chilo di granchio blu. Il Gipp avrebbe poi provveduto a vendere il crostaceo alle aziende di prodotti ittici a basso prezzo. "Il nostro obiettivo era trovare una soluzione per le enormi quantità di granchi", ha scritto Naloufi in un'email, e assicurare ai pescatori un po' di denaro.
Negli anni successivi, il Gipp e la Direzione generale della pesca e dell'acquacoltura del ministero, insieme a vari partner, tra cui l'Istituto nazionale delle scienze e tecnologie del mare (Instm) e l'ufficio per l'Africa settentrionale dell'Organizzazione delle Nazioni unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao), hanno sviluppato e attuato un piano nazionale per orientare gli sforzi di pesca verso il P. segnis e creare un mercato per questo granchio. L'attenzione si è concentrata sull'identificazione della migliore attrezzatura da pesca, che si è rivelata essere una trappola multiuso, e sulla commercializzazione della sua polpa.
Al mercato municipale di Zarzis, una città a 45 km a sud di Djerba, i granchi blu adesso (ndr, a maggio del 2022) vengono venduti a 5 dinari (1,47 euro) al chilo. Faouzi Kliche, un pescivendolo, dice che la domanda è particolarmente alta il venerdì, da parte dei migranti provenienti dai paesi subsahariani. I locali non conoscevano questo granchio, dice, ma ultimamente i medici del posto mandano i loro pazienti a comprarlo per le sue presunte proprietà salutari.
Tuttavia, la vera promessa di questa nuova attività di pesca non è rappresentata dal mercato locale. Gli impianti di lavorazione, come quello di Sfax dove l'intermediario ha portato il pescato di Borji e Trabelsi, vendono soprattutto a clienti stranieri. Circa la metà dei 38 impianti tunisini che lavorano il granchio blu, lo vende - intero, a metà, cotto, crudo, solo la carne o le chele - a 27 Paesi, soprattutto in Asia e Oceania, ma anche in Europa e negli Stati Uniti (ndr, 25 nel 2022). Nel 2019, gli sbarchi hanno raggiunto un picco di oltre 14mila tonnellate; di queste, più di 3.500 tonnellate, per un valore di oltre 41 milioni di dinari (circa 12 milioni di euro), sono state esportate. Nel 2021, mentre gli sbarchi erano leggermente diminuiti, le esportazioni sono raddoppiate: 7.561 tonnellate per un valore di quasi 76 milioni di dinari (oltre 22 milioni di euro), secondo Naloufi (ndr, 8.117 tonnellate per 90,5 milioni di dinari, 26,7 milioni di euro nel 2022).
Questo settore nascente potrebbe aver raggiunto un punto di inflessione. "Lo stock ha iniziato a diminuire perché molti sforzi di pesca prendono di mira questa specie", afferma Sami Mili, direttore dell'Istituto superiore per la pesca e l'acquacoltura di Bizerte, nel nord della Tunisia. "Lo stock è in realtà al massimo del suo sfruttamento e se aumentiamo lo sforzo di pesca, ci troveremo in uno stato di sovrasfruttamento di questa risorsa", aggiunge.
Alcuni pescatori e proprietari di aziende di trasformazione dei prodotti ittici sostengono che è giunto il momento di regolamentare la pesca del P. segnis per garantire alla popolazione di continuare a proliferare. "È una fonte di reddito", afferma Ezzedine Mlaouah, uno dei principali pescatori di granchi blu di Djerba. "Questo granchio blu deve essere protetto per le generazioni future".
"Alcuni pescatori restituiscono al mare le femmine con le uova per proteggerle e garantire la rigenerazione dello stock", racconta Olfa ben Abdallah, ricercatrice dell'Instm. Ma una legge per proteggere questo invasore significherebbe stabilire una stagione di pesca, una taglia legale per la cattura e vietare la rimozione delle femmine con le uova, come se si trattasse di una specie autoctona.
Tenere l'invasore a distanza
Sul versante opposto del Mediterraneo, tuttavia, il controllo, se non l'eliminazione, delle popolazioni di granchi invasivi è ancora molto in vista.
Le prime testimonianze scritte di C. sapidus, l'altra specie di granchio blu, nel mare Adriatico risalgono almeno agli anni 40. Quasi certamente è arrivato dall'Atlantico, prima in Europa e poi nel Mediterraneo, nelle acque di zavorra delle navi. Ma la sua presenza è passata inosservata fino a circa un decennio fa.
Nel 2014 ha iniziato a comparire in numero crescente nelle lagune salmastre di Lesina e Varano, lungo il tacco dello stivale italiano, danneggiando anche lì attrezzi e catture. Lucrezia Cilenti, ricercatrice del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), e il suo team hanno monitorato da subito la situazione. Oltre a promuovere il consumo di granchio blu, come ha fatto la Tunisia, e creare sbocchi sul mercato per quello che era un sottoprodotto, sostengono dal 2016 che sia necessario intensificare gli sforzi di pesca soprattutto nei momenti chiave del ciclo vitale del granchio. Poiché una singola femmina rilascia da due a otto milioni di uova, i pescatori (ndr, secondo i ricercatori) potrebbero prenderle di mira quando lasciano la laguna per andare a disperdere le larve in mare. Anche la commercializzazione dei granchi col guscio molle, una prelibatezza nella baia di Chesapeake, luogo di origine della specie, potrebbe ridurre il numero di quelli che raggiungono la maturità sessuale. "L'obiettivo è controllare il loro numero", afferma Cilenti, in quanto le normative nazionali ed europee mirano a controllare le specie invasive e a prevenire nuovi arrivi.
Quando ha iniziato a lavorare a Bleu Adapt, Marchessaux ha visitato Lesina per condurre alcuni esperimenti sui granchi blu. Poi, due anni fa, ha trovato un'ex salina in fase di ripristino ambientale dove si è insediato il C. sapidus, vicino alla cittadina di Marausa, nella Sicilia occidentale, a un'ora di macchina da Palermo. Con uno studente e altri ricercatori, vi si reca regolarmente per studiare, tra le altre cose, come il granchio danneggia il sedimento quando scava per andare a riposare o a dormire, o quando ne attraversa la superficie. Ha notato che nei mesi invernali, quando il crostaceo è dormiente e si nasconde nel fango, granchi verdi, pesci e altre specie autoctone compaiono in tutti gli stagni di acqua marina poco profondi, un tempo utilizzati per la produzione di sale. Ma non appena i granchi blu riemergono dallo svernamento, le altre forme di vita scompaiono.
Nella primavera del 2022, Marchessaux è andato settimanalmente a Marausa per pescare una ventina di granchi per gli esperimenti che ha svolto nel laboratorio di ecologia diretto da Gianluca Sarà all'Università di Palermo. Nel seminterrato dell'edificio del Dipartimento di scienze marine e della terra, ha testato la tolleranza del C. sapidus a temperature comprese tra i 12 e i 40 gradi e utilizzato i dati per prevedere la futura distribuzione della specie in base a diversi scenari climatici, attraverso dei modelli. I risultati non suggeriscono un'espansione oltre le aree in cui il C. sapidus è attualmente presente. Ma quegli stessi luoghi probabilmente offriranno al granchio reale blu temperature accoglienti più a lungo nel corso dell'anno. In pratica, potrebbe ibernarsi per periodi più brevi e svernare più facilmente, portando in definitiva a un maggior numero di granchi.
(Ndr: Lo scorso settembre Marchessaux ha poi svolto gli stessi esperimenti sul P. segnis in Tunisia e ha scoperto che mentre la temperatura ottimale per il granchio reale blu è di 24 gradi centigradi, per il granchio nuotatore blu si aggira sui 34).
Cooperazione trans-mediterranea
Progetti transfrontalieri come Bleu Adapt possono aiutare i paesi mediterranei a imparare gli uni dagli altri. In Tunisia, il granchio blu ha portato nuove opportunità nelle zone costiere, dove molte famiglie vivono di lavori stagionali nella pesca e nell'agricoltura. Diversi progetti di sviluppo internazionale sono coinvolti nella sempre più strutturata e redditizia catena di approvvigionamento del granchio blu. Persino i pescatori che si lamentano perché il crostaceo gli rovina le reti, come Jouili, riconoscono che il granchio ha degli effetti benefici. Ad Ajim, dove vive, circa una ventina di donne lavorano in un impianto di lavorazione del granchio blu che ha aperto di recente. Il lavoro deve essere piuttosto faticoso e può entrare in conflitto con le mansioni domestiche, ma lo stipendio è buono, dice.
"La Terra si sta riscaldando" e con la globalizzazione non ci sono più confini, afferma Cilenti. "Avremo sempre più specie esotiche nel mar Mediterraneo". La sfida, aggiunge, è quella di perseguire misure di adattamento che garantiscano da un lato il sostentamento delle persone, dall'altro salvaguardino la biodiversità e gli ecosistemi per le prossime generazioni.
Ndr: Questo articolo fa parte della serie "I nuovi abitanti del nostro mare" e vuole offrire una sorta di anteprima del magazine che abbiamo in mente. Se vuoi restare aggiornato sull'evoluzione del nostro progetto, iscriviti a Lapilli.