Il cambiamento climatico tocca tanto la sfera intima e personale quanto i grandi interessi economici e politici e ciò ha fatto sì che alle rigorose e talvolta complesse indicazioni degli scienziati si affiancassero informazioni di facile fruizione, ma il più delle volte inattendibili. Questo, oltre a generare dubbi, ha alimentato scetticismo e negazionismo, aumentando conseguentemente l’esigenza di chiarezza da parte di chi non è esperto in materia ma vuole vederci chiaro nel marasma di input che riceve sull’argomento. Da qui nasce l’idea del climatologo e meteorologo Giulio Betti di mettere ordine, in maniera scientificamente ortodossa ma con un linguaggio semplice, al caos e alle banalizzazioni che negli ultimi anni hanno svilito il dibattito pubblico sul cambiamento climatico. Una sorta di guida che possa aiutare i non esperti a orientarsi e difendersi di fronte al mare magnum della disinformazione.

Nota di redazione: Questo come i brani che seguono sono tratti dal libro “Ha sempre fatto caldo! E altre comode bugie sul cambiamento climatico” di Giulio Betti, edito da Aboca Edizioni, che ringraziamo. Un testo che ci sembrava appropriato nella settimana in cui la relazione europea sullo stato del clima ha confermato come il 2024 sia stato l’anno più caldo registrato in Europa da quando si hanno dati disponibili.

Tuniche romane

Dal semplice testo scolastico al colossal hollywoodiano, ogniqualvolta si descrive l’impero romano lo si fa raffigurando gladiatori, senatori e comuni cittadini e cittadine rigorosamente vestiti con tuniche e toghe.

Al di là delle ovvie differenze stilistiche tra uomini e donne, in effetti, queste lunghe vesti rappresentavano la copertura più diffusa ai tempi degli antichi Romani. Abiti apparentemente leggeri cui facevano da sfondo costruzioni non propriamente adatte a contenere i rigori invernali come templi, fori, domus e ville.

Secondo alcuni il vestiario e l’architettura dell’epoca romana dimostrerebbero che 2000 anni fa a Roma, e in gran parte d’Europa, il clima era decisamente gradevole. Del resto, è difficile oggigiorno immaginare qualcuno che passeggi nel cuore della capitale in pieno inverno con indosso giusto una tunichetta. Le case sono riscaldate e coibentate, così come lo sono i templi e i fori moderni, vale a dire uffici, chiese, musei, centri commerciali ecc. Eppure, sebbene Roma non sia certo famosa per i rigori invernali, ma piuttosto per la mitezza del proprio clima, la visione che ne abbiamo oggi è più ‘fredda’ rispetto a quella che ci viene restituita dalla rappresentazione classica.

Una visione che ha alimentato, negli anni, dubbi sull’eccezionalità e l’unicità dell’attuale cambiamento climatico, spingendo addirittura taluni ad affermare che all’epoca dei Romani faceva più caldo di oggi.

Statua di Giano e di Bellona nel giardino del palazzo di Schönbrunn a Vienna (Sheila C)

Come spesso accade, siamo di fronte a una mezza verità. Alla percezione distorta proveniente dall’iconografia storica, vanno aggiunti infatti dati oggettivi provenienti dalla ricerca scientifica.

Tra il 200 a.C. e il 150 d.C. (secondo alcuni studiosi anche fino al 400 d.C.), il clima in area mediterranea e su buona parte della regione euroatlantica fu piuttosto stabile e mite: stiamo parlando del periodo noto come ‘ottimo climatico romano’.

In effetti, buona parte dell’età imperiale godette di un clima favorevole e ne trasse grandi vantaggi in termini di influenza geopolitica e militare. Ma quanto favorevole? Le analisi incrociate dei moltissimi proxies disponibili (cronache scritte, materiale archeologico e campioni naturali) indicano inverni mediamente miti e piovosi ed estati nel complesso fresche.

Tuttavia, ulteriori indagini hanno dimostrato anche una certa variabilità all’interno del periodo considerato, con inverni occasionalmente gelidi (nel 177 a.C., ad esempio, il Tevere si congelò del tutto) e numerose alluvioni nel primo secolo d. C. Nel novero, anche frequenti episodi di congelamento dei fiumi dell’Europa centrale (Reno e Danubio), nonché fasi siccitose intorno al 200 d.C.

Durante la prima fase imperiale le estati in Europa furono probabilmente più calde di circa 1°C rispetto a quelle della metà del ventesimo secolo (1950) e la coltivazione di olivi e viti in Italia si estese più a nord.

Siamo di fronte a un classico della climatologia: all’interno di un periodo tutto sommato favorevole si riscontra una variabilità termica causata da oscillazioni naturali interne al sistema, quali ad esempio le correnti termoaline come la corrente del Golfo, El Niño e La Niña, l’aumento/riduzione della superficie innevata, le eruzioni vulcaniche e l’influenza dell’attività solare su alcune circolazioni meteorologiche.

Quando si parla di oscillazioni climatiche naturali si fa riferimento a forzanti note interne al sistema planetario capaci di provocare variazioni termiche sia globali che regionali. Generalmente queste variazioni sono in grado di cambiare il bilancio energetico del pianeta modificando la concentrazione dei gas a effetto serra, la temperatura superficiale dei mari e la quantità di radiazione solare in arrivo. Le emissioni di solfati e polveri da parte dei vulcani, le variazioni del calore trasportato dalle grandi correnti oceaniche e le oscillazioni termiche periodiche provocate da fenomeni come El Niño e La Niña sono tra le forzanti naturali più importanti. Di norma gli effetti climatici di questi eventi sono temporanei e di modesta entità (alcuni decimi di grado).

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