In questo numero di Lapilli raccontiamo diversi Davide alle prese con altrettanti Golia: dagli allevamenti industriali di tonni a Malta che consumano enormi quantità di pesce azzurro ai piccoli allevatori di cozze pugliesi e alle raccoglitrici di vongole galiziane che a differenza dei grossi gruppi industriali fanno fatica ad avere accesso ai fondi europei, fino ai coltivatori di olive in Andalusia che stanno venendo espropriati dei loro uliveti per far posto a campi di pannelli solari. Ma non solo. Segnaliamo un nuovo pezzo sui Pfas e le lobby che ne vogliono impedire la regolamentazione, ma anche una nota positiva: sono iniziati i lavori di riforestazione a Stromboli dopo l’incendio che nel 2022 devastò mezza isola.
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L’insostenibile allevamento del tonno. Un lungo articolo pubblicato su Internazionale racconta di come l’allevamento del tonno rosso nel Mediterraneo, e soprattutto a Malta, sia insostenibile dal punto di vista sia ambientale che sociale. In sostanza i tonni, che sono al vertice della catena alimentare, vengono catturati nel Mediterraneo centrale, portati via mare a Malta, spinti in gabbie e messi all’ingrasso con pesce azzurro, ovvero sardine, acciughe e sgombri. Il tonno, essendo in cima alla catena alimentare, ha bisogno di enormi quantità di cibo per crescere, il che significa che per ingrassarlo servono grandi quantità di pesce azzurro. “È come allevare leoni da carne, vi pare sensato?”, dice nell’articolo Emanuela Fanelli, biologa dell’università delle Marche ed esperta di ecologia marina. “L’acquacoltura di predatori apicali è insostenibile da tutti i punti di vista”. Una volta che il tonno è grosso abbastanza, viene ucciso e spedito in Giappone, Corea e Stati Uniti, dove viene venduto a carissimo prezzo e quindi solo in pochi lo possono consumare. Questo ciclo produttivo, secondo l’inchiesta, genera enormi profitti per le sei società che fanno capo a una decina di famiglie che lo controllano, mentre contribuisce alla pesca eccessiva di pesce azzurro, più economico, alla portata di tutti e alla base della catena alimentare (Le Temps/Internazionale).
Una tradizione in crisi. In Turchia, invece, la diminuzione delle risorse ittiche e l’aumento delle specie invasive sta avendo un impatto negativo sull'economia di un piccolo villaggio di pescatori che si affaccia sul mar Egeo chiamato Bozburun, come raccontato in questo articolo uscito su The New Arab e ripreso dalla newsletter The Tideline. I pescatori del posto, che si tramandano questo lavoro da generazioni, faticano ormai a pescare abbastanza pesce per sopravvivere a causa dell’eccessiva pesca illegale, dei mancati controlli e dell’aumento delle specie invasive.
Davide vs Golia. I coltivatori di cozze e molluschi italiani, così come le raccoglitrici di vongole galiziane, sono in difficoltà a causa soprattutto del riscaldamento del mare. L'Unione europea, negli anni, ha messo a disposizione miliardi di euro per aiutare il settore, ma secondo una recente inchiesta del Guardian - realizzata da Natalie Donback e Vittoria Torsello, due partecipanti della Scuola magmatica di giornalismo ambientale, insieme a Naomi Mihara - per via delle procedure complesse i piccoli produttori locali fanno fatica a richiedere e ricevere fondi. Così la maggior parte di questi soldi va a grossi gruppi industriali, nonostante la missione dell’Unione sia quella di sostenere le comunità costiere e chi pratica una pesca sostenibile (The Guardian).
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Olivicoltori espropriati. Un’altra storia che mette in luce la tensione tra piccoli produttori e grossi gruppi industriali è quella realizzata da Bernardo Álvarez-Villar Artola, un altro giornalista della nostra scuola, per El Salto. In questo caso, alcuni piccoli proprietari di campi di ulivi a Lopera, nord di Jaén in Andalusia, stanno venendo espropriati contro la loro volontà perché il governo andaluso ha deciso di concedere le aree a Greenalia, società che produce energia rinnovabile, per costruire campi di pannelli solari al posto degli uliveti. Questo sta provocando tensione tra gli agricoltori che si sentono impotenti e la società che approfitta dei bassi prezzi della zona per produrre energia da vendere alle grandi città e al resto d’Europa.
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La lobby degli inquinanti eterni. È uscita un'altra puntata del Forever Pollution Project, un progetto portato avanti da giornalisti investigativi di varie testate come Le Monde, The Guardian, Ndr e Süddeutsche Zeitung, che si occupa dell’inquinamento da Pfas, sostanze chimiche di sintesi che non esistono in natura, usate in moltissimi beni consumo. Queste sostanze sono state rinvenute nell’ambiente e anche nei tessuti di alcuni animali, compresi noi umani. In quest’ultima inchiesta si fa luce su come le industrie stiano esercitando azioni di lobbying per contrastare la regolamentazione - e la messa al bando - della produzione dei Pfas. Le industrie chimiche, secondo l’inchiesta, usano le stesse tattiche che si usavano anni fa per impedire che le sigarette venissero vietate, dicendo che queste sostanze non fanno poi così male alla salute, che sono indispensabili all’economia e che i danni ambientali non sono poi così gravi (L'Espresso; Il Bo Live).
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Temperature estreme. Uno studio recentemente pubblicato su Nature Medicine ci ricorda che, se continuiamo a produrre emissioni climalteranti, le temperature delle città europee diventeranno sempre più estreme da qui al 2099. Queste condizioni estreme, secondo lo studio, potrebbero provocare la morte, sia per il troppo caldo che per il troppo freddo, di oltre due milioni di persone in più da qui alla fine del secolo (Nature).
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Il 2024, un altro anno di record. All’inizio del mese di gennaio, Copernicus, il programma di osservazione della Terra dell'Unione europea, ha pubblicato il rapporto annuale con i dati salienti sul clima del 2024. L’anno appena passato è stato il più caldo mai registrato dal 1850 a oggi sia in Europa che a livello globale, superando il 2023 che finora deteneva il primato. Ma non solo. Il 2024 è stato anche il primo anno in cui la temperatura globale ha superato di oltre 1,5 gradi il livello preindustriale. Secondo il rapporto, sia il 2023 che il 2024 sono stati particolarmente caldi a causa dell’accelerazione del riscaldamento climatico indotto dalle emissioni antropiche e delle insolite temperature oceaniche, caratterizzate da anomalie mai registrate prima in molte regioni. E il 2025 potrebbe non essere da meno. Gli esperti si aspettano infatti che anche quest'anno finirà sul podio tra i più caldi dal 1850. Si tratta di capire se in seconda o terza posizione.
Santorini trema. Da circa una settimana la terra continua a tremare a Santorini dove sono state registrate migliaia di scosse di terremoto. Nel momento in cui scriviamo, la più forte di 5.2 è stata avvertita mercoledì sera. La Grecia ha dichiarato lo stato di emergenza per l'isola fino a inizio marzo. Più di 11mila residenti hanno già lasciato l’isola via traghetto o aereo anche se con qualche difficoltà visto l’alto numero di persone che stanno cercando di andarsene. Si teme soprattutto per le frane. L'epicentro dello sciame sismico risulta a pochi chilometri a nord, intorno alla piccola isola di Anydros. Santorini si trova su quello che è noto come l'Arco vulcanico ellenico, una catena di isole di origine vulcanica. Ma secondo le autorità greche, le scosse di questi giorni sono legate a movimenti tettonici e non ad attività vulcanica (Bbc).
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La riforestazione dello Stromboli. Sull’isola di Stromboli sono iniziati i lavori di riforestazione dopo il grande incendio scoppiato nel 2022 durante le riprese di una serie televisiva della Rai. E a proposito di piantare alberi, un articolo su Il Foglio sottolinea come per ridurre le temperature, le città dovrebbero coprire il 30 per cento del proprio territorio con alberi. Ma piantare e poi mantenere gli alberi in salute non è così semplice come sembra. In Egitto, il governo vorrebbe piantare alberi da frutta lungo le strade trafficate per rinfrescare le città e produrre allo stesso tempo cibo. Ma l’iniziativa potrebbe risultare più rischiosa di quello che non si pensi, visto che la frutta ricavata in questo modo potrebbe risentire dell’inquinamento e quindi risultare nociva per la salute (Raseef22/Amwaj).
Piscine salate in Grecia. Quest'estate è molto probabile che in Grecia alberghi, case e resort useranno l’acqua di mare per riempire le proprie piscine. La misura, che da un lato vuole far fronte alla scarsità idrica risparmiando acqua dolce per usi potabili o agricoli, secondo chi la contesta, non è priva di ricadute sull’ambiente. L’acqua prelevata dal mare deve essere infatti trattata chimicamente per ragioni igieniche per poi essere nuovamente rilasciata in mare, ma sporca di residui chimici (eKathimerini/Areale).
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Il cambiamento climatico è già qui. Nel bacino del Mediterraneo gli effetti del cambiamento climatico sono già all’ordine del giorno. Lo raccontiamo ogni mese e lo dice anche il New York Times in questo articolo ricco di infografiche in cui si sottolinea come la geografia della regione, fatta di montagne molto alte vicino a un mare sempre più caldo, faciliti la formazione di fenomeni temporaleschi estremi soprattutto sulle zone costiere dove si concentra la maggior parte della popolazione. Questo fa sì che il rischio di alluvioni, come quella accaduta a Valencia, diventi sempre più frequente.
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Valencia a due mesi dall’alluvione. Ci salutiamo con un video di Arte che racconta come ingegneri e tecnici spagnoli stiano analizzando e studiando cosa sia possibile fare per evitare che le prossime alluvioni siano devastanti come quella che ha colpito il sud di Valencia lo scorso ottobre. Il video riporta il caso virtuoso di un paese che anni fa demolì alcune case troppo vicine al letto del fiume perché a rischio alluvione. "A la vora del riu no t’hi facis el niu", dice uno degli intervistati, un detto popolare che appunto vuol dire non fare il nido sulla riva del fiume.
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GUGLIELMO MATTIOLI
Producer multimediale, ha contribuito a progetti innovativi usando realtà virtuale, fotogrammetria e live video per il New York Times. In una vita passata faceva l’architetto e molte delle storie che produce oggi riguardano l’ambiente costruito. Ha collaborato con testate come The New York Times, The Guardian e National Geographic. Vive e lavora a New York da più di 10 anni.Grazie per aver letto fino a qui. Ci vediamo a marzo, o prima con Lapilli+.
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