In questo numero di Lapilli ci occupiamo degli incendi che hanno colpito il Portogallo e delle alluvioni che hanno interessato l'Europa centrale e l’Emilia Romagna, eventi molto diversi tra loro ma entrambi legati al cambiamento climatico. Parliamo anche di aree marine protette nel Mediterraneo, che nonostante la loro designazione così protette non sono, e mettiamo in evidenza la preoccupante moria di cozze che ha interessato la Grecia, probabilmente dovuta alle elevate temperature marine registrate la scorsa estate. Abbiamo poi incluso anche notizie più confortanti: nonostante svariate difficoltà, piccole tartarughe marine sono nate in vari punti del Mediterraneo. Speriamo che questa newsletter ti piaccia, ti ispiri e, perché no, che tu la condivida con tutti coloro che, come te, hanno una passione per il nostro mare e questa regione.
Incendi in Portogallo, alluvioni in centro Europa. A metà settembre in Portogallo ci sono stati degli incendi molto estesi e tra i peggiori degli ultimi anni che sono durati per giorni e hanno causato la morte di almeno nove persone. Il fronte del fuoco è stato talmente vasto da richiedere l’aiuto di aerei antincendio dalla vicina Spagna e da altri paesi del Mediterraneo come Italia e Marocco.
Copernicus, il programma di osservazione della terra dell'Unione europea, ha diffuso alcune immagini satellitari che mostrano l’estensione del fenomeno. Ha anche elaborato un'animazione che mette in risalto la quantità di anidride carbonica rilasciata dagli incendi in atmosfera.
E mentre ampie parti del Portogallo bruciavano, in centro Europa, Austria, Slovacchia e Repubblica Ceca, così come successivamente nell'Italia nord orientale, a creare disagi e morti è stata la pioggia. L’Emilia Romagna in particolare, a distanza di un anno e mezzo dall’ultima alluvione, è stata nuovamente colpita da forti piogge che hanno fatto straripare fiumi e creato allagamenti. A Faenza, nonostante la costruzione di un muro di protezione, si è allagato lo stesso quartiere che finì sott’acqua un anno fa.
Secondo i dati dell’agenzia regionale per la protezione ambientale, alcune zone hanno visto cadere tra i 200 e i 300 millimetri di pioggia in 48 ore (con punte anche superiori), più di quanto avvenuto singolarmente nei due eventi del maggio 2023. In questo articolo la giornalista Alice Facchini racconta lo sconforto e la rabbia degli abitanti nelle zone colpite.
Il Commissario europeo per le crisi e gli aiuti umanitari ha ribadito che gli incendi record in Portogallo e le catastrofiche alluvioni nel centro Europa sono la “prova di una crisi climatica” in cui gli eventi estremi diventano sempre più estremi, in particolare in Europa, il continente che si sta scaldando di più al mondo. Anche le iniziative che si occupano di scienza dell’attribuzione, World Weather Attribution e ClimaMeter, hanno sottolineato come i cambiamenti climatici indotti dall’uomo abbiano contribuito a rendere gli effetti della tempesta che si è abbattuta sull’Europa centrale e l’Emilia Romagna, più probabili e catastrofici (IconaClima).
Lo scioglimento dei ghiacciai mette in discussione i confini. Ai piedi del Cervino, lo scioglimento dei ghiacciai alpini ha portato Italia e Svizzera a sedersi per ridefinire i confini tra i due paesi. A 3.500 metri di altitudine, lo spostamento del Plateau Rosa ha infatti modificato il 'displuviale' ovvero quel punto geografico in cui l’acqua si divide per seguire la gravità. Questo spartiacque è usato fin dai tempi dei romani per definire le frontiere tra due territori divisi da una catena montuosa (La Stampa; The Guardian).
Acque contese. Se di recente, per spegnere gli incendi, Spagna e Portogallo hanno cooperato, non si può dire altrettanto quando si tratta di gestire l’acqua comune. I due paesi della penisola iberica hanno da sempre una relazione particolare. Vicini di casa per natura, si sono fatti la guerra per secoli - impressionanti le fortificazioni che i due paesi hanno costruito nel tempo lungo la linea di confine. Oggi i rapporti sono senz’altro più amichevoli, ma come spiega bene una recente inchiesta finanziata da Journalismfund e pubblicata su diversi media, negli ultimi anni, complici le sempre più ricorrenti condizioni di siccità, sono nate tensioni relative alla gestione dell’acqua comune. I due paesi condividono tra gli altri, tre dei maggiori fiumi della penisola iberica, il Tago, il Duero e la Guadiana, che nascono in Spagna e sfociano sulle coste del Portogallo. Negli ultimi 25 anni la gestione dell’acqua comune è stata regolata dalla convenzione di Albufeira, ma condizioni di siccità prolungate sempre più frequenti stanno facendo aumentare le tensioni su come regolare i flussi dei fiumi, quanta acqua trattenere e quanta distribuire.
Mitilicoltori in crisi. Ne abbiamo già brevemente parlato nella scorsa edizione di Lapilli, le alte temperature registrate tra luglio e agosto nel mar Mediterraneo hanno avuto conseguenze in alcuni casi devastanti sulla vita marina e questo non ha riguardato solo i moscioli selvatici in Adriatico (Ansa). In Grecia i mitilicoltori hanno subito gravi perdite legate a una combinazione di temperature elevate, fiumi inquinati e una conseguente probabile riduzione dei livelli di ossigeno disciolto in acqua. Analisi per accertare le cause esatte della moria sono in corso. Quello che si sa, almeno secondo un articolo uscito sulla testata greca Kathimerini e accompagnato dalle foto di Alexandros Avramidis, è che a Pieria, nel golfo Termaico, sull’Egeo, non lontano da Salonicco, circa l’80 per cento del raccolto di quest’anno è andato perso. “Abbiamo avuto nuovamente temperature elevate, superiori a 30 e 31 gradi, nei primi 5-10 metri della colonna d'acqua”, spiega Konstantinos Koukaras, biologo e ricercatore post-dottorato presso l'Istituto di bioscienze applicate del Centro per la ricerca e la tecnologia Hellas, a Kathimerini. “Di conseguenza, gli organismi che si trovavano nei primi 10-15 metri, vicino alla costa così come negli allevamenti, sono stati colpiti da morie di massa”. Un episodio simile era successo nel 2021. Solo a Pieria la mitilicoltura impiega 800 persone, circa 300 famiglie, che ora temono anche per il raccolto del prossimo anno. Eventuali risarcimenti intanto restano incerti. “Fino a poco tempo fa, l'Unione europea non riconosceva le temperature elevate come un fenomeno da risarcire”, dice Koukaras a Kathimerini.
Piccole tartarughe nascono, sempre più a ovest. Negli ultimi anni, le tartarughe marine Caretta caretta stanno esplorando nuovi habitat dove deporre le uova, probabilmente a causa del cambiamento climatico. La scorsa estate, la spiaggia di Laigueglia, in Liguria, ha registrato un evento straordinario: la nascita di 92 piccoli, un fenomeno raro poiché solitamente queste tartarughe nidificano in coste più sud-orientali. Questo aumento delle nidificazioni, già in atto dal 2013, in regioni come la Toscana e la Liguria, potrebbe essere un segno di come le temperature in crescita stiano spingendo le tartarughe a considerare nuovi luoghi per la deposizione delle uova. Un recente studio ha mostrato che il centro di nidificazione della Caretta caretta si è spostato verso ovest, passando dal mar Egeo alla Sicilia. Anche altre specie, come la tartaruga verde (Chelonia mydas), stanno esplorando nuove aree. Nel luglio 2024, un gruppo di volontari del World Wide Fund for Nature ha avvistato una di queste tartarughe mentre tentava di nidificare in Calabria, un comportamento mai osservato prima in Italia (Il Post).
Iniziative di conservazione che ripagano. In altre aree del Mediterraneo, le tartarughe marine stanno mostrando segni di ripresa. La Grecia, considerata un habitat naturale per la Caretta caretta, ha visto un incremento significativo nel numero di nidi per motivi attribuibili al successo delle iniziative di conservazione: dal 2023, i nidi annuali sono passati da una media di 5mila-7mila a oltre 10mila, secondo Archelon, organizzazione greca senza fini di lucro che protegge le tartarughe marine. Le sfide da affrontare rimangono numerose, tra cui il cambiamento climatico, la pesca eccessiva, l'inquinamento e il turismo di massa (The Guardian).
Oltre a molte di queste sfide, in Libano, si aggiunge anche il recente conflitto con la vicina Israele. Nonostante i pericoli e le difficoltà legate agli scontri, un gruppo di volontari è riuscito a monitorare e proteggere 51 nidi di Caretta caretta sulle spiagge di Al-Mansouri, nel sud del paese, un’area cruciale per la nidificazione delle tartarughe marine. Grazie al loro lavoro, che prosegue da circa due decenni, quest'anno 2.500 piccoli sono riusciti a raggiungere il Mediterraneo. Il contributo di questi volontari rappresenta una forma di resistenza, volta a proteggere l'ambiente naturale del loro paese in tempi di guerra (Mongabay).
Aree marine (poco) protette. Restando su tematiche che hanno a che vedere col nostro mare, un recente studio uscito sul giornale scientifico One Earth afferma che l’86 per cento della superficie sulla carta protetta mostra livelli di tutela bassi o non compatibili con gli obiettivi di conservazione, perché consentono nel proprio perimetro attività industriali o comunque dannose per l’ambiente. Lo studio passa in rassegna 4.858 aree marine protette a livello europeo, di cui circa 1.571 mediterranee. Dal lavoro svolto dal gruppo di ricercatori, per lo più europei, emerge come all’interno dell’Unione europea la Germania si distingua per una maggiore tutela dei propri santuari marini, seguita da Francia e Belgio. Il mar Baltico risulta lo specchio d’acqua maggiormente protetto (con una copertura del 16,8 per cento; il tre per cento in modo rigoroso); e al suo seguito troviamo il Mediterraneo. Qui le aree marine protette coprono circa il 14,8 per cento della superficie, ma solo nell'1,9 per cento dei casi la tutela è difatti stringente. Lo studio sottolinea come si tratti di numeri ancora molto lontani dall’obiettivo di proteggere il 30 per cento dei nostri mari - il 10 per cento in modo rigoroso - entro il 2030 sottoscritto dall’Unione europea (The Guardian; Euractiv).
Dal clima mediterraneo alla steppa. Alcuni ricercatori spagnoli hanno parlato al congresso internazionale di meteorologia della Società meteorologica europea, che si è svolto a inizio settembre a Barcellona, del futuro non troppo lontano che attende la regione iberico-balearica. Le slide, pubblicate online, sintetizzano quanto emerso dalla ricerca intitolata “Spagna: verso un clima più arido e caldo” e tracciano uno scenario alquanto sconfortante. Sulla base dell’analisi dell'evoluzione delle temperature e delle precipitazioni registrate tra il 1971 e il 2022 e delle proiezioni al 2050, i ricercatori infatti indicano che siamo di fronte a un cambiamento molto marcato del clima in un arco temporale poi non così ampio. La presentazione parla esplicitamente di passaggio da clima mediterraneo a uno più secco tipico delle steppe o delle regioni desertiche, determinato per lo più dalla diminuzione delle precipitazioni (Euronews Green).
Apicoltori in difficoltà. Le api tunisine stanno soffrendo per gli effetti del cambiamento climatico. E con loro, anche la produzione di miele. Come riporta Reuters, gli apicoltori lanciano l’allarme. Con l'aumento delle temperature e la siccità prolungata, cresce la preoccupazione che il cambiamento climatico stia mettendo in pericolo sia le colonie di api che la produzione di miele in tutto il paese. Nella regione nord-orientale di Zaghouan, a circa 50 chilometri da Tunisi, molti apicoltori segnalano condizioni sempre più difficili. Un tempo, le piogge erano più abbondanti e il clima più favorevole, ma negli ultimi cinque anni la siccità ha gravemente rallentato la riproduzione delle api, mettendo in crisi l'intera filiera produttiva. Secondo Reuters, i dati del ministero dell'agricoltura tunisino confermano la gravità della situazione: nel 2023, il 75 per cento degli apicoltori ha registrato un calo significativo nella produzione di miele. Le conseguenze economiche sono evidenti: la diminuzione della produzione, insieme all'aumento dei costi, ha portato a un rialzo dei prezzi per i consumatori, mentre i guadagni degli apicoltori sono calati. Questo fenomeno rischia di avere ripercussioni ancora più vaste, colpendo non solo l'economia locale, ma anche l'approvvigionamento alimentare e i settori agricoli di tutto il paese (Reuters).
MAGMA
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